Foto 1) Galleria Farnese
La Galleria Farnese è una loggia coperta situata sul lato del Palazzo che dà verso Via Giulia e il Tevere e fu realizzata da Giacomo Della Porta su progetto del Vignola.
Si tratta di un ambiente piuttosto stretto (all’incirca sei metri) e lungo (poco più di venti metri). La sala prende luce solo da uno dei lati lunghi (quello che si affaccia su Via Giulia) in cui sono aperte tre finestre e culmina in una volta a botte sorretta da una serie di lesene.
Su entrambi i lati lunghi sono aperte delle nicchie in cui erano situate alcune delle celebri statue antiche di proprietà dei Farnese (in gran parte ora nel Museo archeologico nazionale di Napoli).
Foto 2) La volta
Nel 1597 Annibale iniziò, con l’assistenza di suo fratello Agostino Carracci, la decorazione della volta, che è la prima sezione della Galleria Farnese ad essere stata affrescata.
In un primo momento, pensò di fare ricorso ad uno schema a fregio, modalità decorativa tipicamente bolognese, ma ben presto comprese che era necessario considerare anche ad altri schemi decorativi ed il risultato finale fu un’originale combinazione di tre sistemi diversi: quello del fregio, quello architettonico e quello a quadri riportati.
Il tema della decorazione della volta della Galleria Farnese è “Gli amori degli dèi” e le singole scene raffigurate si basano in buona parte sulle “Metamorfosi” di Ovidio.
Foto 3) Il Trionfo di Bacco e Arianna
Il Trionfo di Bacco e Arianna rappresenta un corteo nuziale, con i due sposi, Bacco e la mortale Arianna, seduti su due carri, uno dei quali è dorato e trainato da due tigri, l’altro argentato trainato da due arieti.
I carri avanzano accompagnati da figure danzanti (eroti, menadi, satiri, Pan, Sileno), che recano strumenti musicali, stoviglie e ceste con le cibarie, secondo la tipica iconografia della celebrazione dionisiaca.
Diversamente da molte altre scene della Galleria il Trionfo è inquadrato da una finta cornice architettonica che simula lo sfondamento del soffitto verso lo spazio esterno inondato di luce. Nella scena centrale del soffitto si realizzerebbe la sintesi dell’antagonismo tra amore sensuale e amore spirituale che sarebbe il tema di tutta la Galleria Farnese.
Foto 4) Pan e Diana
Il tema di questo quadro riportato è tratto dalle Georgiche di Virgilio (Libro III, 391-392), dove si narra di come la casta dea Diana sia stata sedotta da Pan con l’offerta di bianchissime lane.
La vicenda narrata è variamente interpretabile. Vi si può scorgere un riferimento alla volubilità delle cose dell’amore (un dono modesto che può sedurre anche la più casta delle dee) oppure cogliervi un’allusione ai doni d’amore anche in chiave nuziale, nell’ipotesi che gli affreschi della volta siano interpretabili come la celebrazione del matrimonio di Ranuccio Farnese e Margherita Aldobrandini.
Foto 5) Mercurio e Paride
Mentre Paride è seduto sotto un albero in compagnia del suo cane, piomba dall’alto Mercurio che gli consegna il pomo d’oro che l’eroe troiano utilizzerà nel celebre giudizio che da lui prende il nome e dal quale scaturirà la guerra di Troia.
Questa figura cita il raffaellesco Mercurio della Loggia di Psiche: non sembra casuale, infatti, che Annibale, come nel precedente della Farnesina, abbia messo in mano al messaggero degli dèi una tromba e non il consueto caduceo.
Foto 6) Polifemo e Galatea
La storia narrata è tratta dalle Metamorfosi (Libro XIII, 777-788 e 839): il brutale ciclope Polifemo si è innamorato della nereide Galatea e le dedica un canto appassionato in cui le offre tutto il suo amore e tutta la sua ricchezza se ella accetterà di unirsi a lui e al tempo stesso le manifesta la sua sofferenza per i rifiuti opposti dalla ninfa («Galatea, più cattiva di un giovenco non domato») e la sua ira per il rivale Aci (che Galatea ama).
Foto 7) Polifemo e Aci
La scena, sul lato Nord, è il pendant di quella sul lato opposto con Polifemo e Galatea e ne costituisce il completamento. Nelle Metamorfosi di Ovidio infatti, Polifemo, concluso il suo canto per l’amata, si imbatte in Galatea ed Aci che amoreggiano. Il gigante è colto dall’ira e procuratosi un masso lo scaglia verso i due che intanto si sono dati alla fuga. Mentre la nereide riesce a trarsi in salvo tuffandosi in mare, Aci è colpito dalla roccia e muore. La pietà degli dèi trasforma l’amante di Galatea in una divinità fluviale.
Foto 8) Giove e Giunone
Il riquadro con Giove e Giunone è tratto dall’Iliade (Libro XIV, 314-316 e 328) e raffigura il momento in cui Giunone cerca di distrarre Giove, seducendolo, dalle sorti della guerra di Troia: mentre Giunone, infatti, parteggia per i greci, il re degli dèi non vuole che nessuna divinità intervenga per favorire l’una o l’altra fazione.
Giunone per riuscire nell’impresa si è impossessata, con un inganno, del cinto magico di Venere (nell’affresco lo cinge appena sotto il seno), indumento capace di fornire a colei che lo indossa una forza seduttiva cui nessuno può resistere.
Foto 9) Diana e Endimione
Nelle versioni più antiche del mito di Endimione, questi è amato da Selene. È Selene che addormenta eternamente il giovane e bellissimo pastore per amarlo mentre egli dorme. La figura di Selene venne progressivamente confusa con quella di Diana, divinità anch’essa legata alla luna, che la sostituì anche nella storia di Endimione.
Nell’abbracciare delicatamente il dormiente Endimione Diana, ad un tempo, esprime il trasporto per il giovane ma anche l’accortezza di non svegliarlo.
Foto 10) Ercole e Iole
La scena mostra Ercole in attitudini femminili mentre Iole indossa la pelle del leone di Nemea e impugna la clava (tipici attributi di Ercole).
Più che dalla mitologia classica, Annibale ha derivato questa raffigurazione dalla Gerusalemme liberata del Tasso ed in particolare dal passo in cui (Canto XVI, 3) sono descritti i mirabili rilievi che istoriano il palazzo di Armida tra i quali la scena di Ercole e Iole che invertono i rispettivi ruoli.
L’intuibile significato della scena è che la malìa d’amore può devirilizzare anche i più forti e ferini petti e farli schiavi. Eros, infatti, che vediamo affacciarsi da un loggiato, se la ride soddisfatto: «Amor se l’guarda e ride».
11) Trionfo marino
È il secondo (ed ultimo) quadro riportato eseguito da Agostino Carracci, l’interpretazione tradizionale, proposta anche dal Bellori, individua nel dipinto una raffigurazione del trionfo di Galatea.
La posa e i lineamenti del viso della protagonista femminile dell’affresco sono stati avvicinati alla statua della Venere Callipigia, mentre nel volto del personaggio maschile che abbraccia la dea al centro del corteo marino si coglie una citazione del busto dell’imperatore Caracalla. Entrambe le sculture si trovavano a Palazzo Farnese e sono ora nel Museo archeologico di Napoli.
Per gli autori che leggono in chiave edonistica le storie della volta, il Trionfo marino è una delle testimonianze più significative dello spirito gaudente che caratterizzerebbe gli affreschi del soffitto della Galleria Farnese.
12- Vista della parete
Le pareti della Galleria furono decorate qualche anno dopo la conclusione dell’impresa della volta, a partire orientativamente dal 1603. Probabilmente la causa di questa interruzione dei lavori fu la necessità di attendere l’ultimazione del ricco apparato in stucco dei muri cui, secondo alcuni, sovrintese lo stesso Annibale. La critica moderna, pressoché concorde, coglie nelle pareti un forte salto stilistico rispetto agli affreschi del soffitto. Mentre questi ultimi sono caratterizzati da uno spirito gioioso e gaudente, le storie delle pareti hanno un tono severo e presentano una certa astrattezza nel tratto.
Foto 13 – Vergine con l’unicorno
Ultimo atto della decorazione della Galleria, le pareti lunghe vennero portate a compimento intorno al 1606-1607. Scarso fu il contributo esecutivo di Annibale – ormai già malato – che forse si limitò solo alla preparazione del cartone della Vergine con l’unicorno, dipinta dal Domenichino.
Massimo Lato