Il “Ratto di Proserpina” Bernini al Museo Borghese
Il “Ratto di Proserpina” (base esclusa, alto cm 255) è un gruppo scultoreo dell’architetto e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini commissionato da Scipione Borghese per la sua residenza romana, Villa Borghese. Alcuni mesi dopo la conclusione dell’opera però, per motivi a noi ignoti, Scipione Borghese dona la scultura a Ludovico Ludovisi, nipote del nuovo papa Gregorio XV.
Il gruppo scultoreo, trasportato pertanto a Villa Ludovisi e sistemato in una sala al pianterreno attigua al giardino, è stato acquistato dallo Stato italiano nel 1908 e riportato a Villa Borghese, residenza naturale per la quale l’opera è stata concepita.
Il “Ratto di Proserpina” eseguito tra il 1621 e il 1622 dal giovanissimo artista (al tempo il Bernini ha 23 anni), rappresenta per l’appunto il famoso mito del Ratto di Proserpina, tratto dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone.
Il mito del Ratto di Proserpina nelle Metamorfosi di Ovidio
Il mito in questione è legato al ciclo delle stagioni e racconta il ratto (ovvero il rapimento) di Proserpina, figlia del dio Giove e di Cerere (dea della fertilità dei campi), ad opera del dio Plutone (fratello di Giove e sovrano dell’Ade, luogo in cui risiedono in eterno le anime dei morti). Infatuatosi della dea, mentre questa è intenta a raccogliere fiori in un campo presso il lago di Pergusa (Enna), Plutone la rapisce portandola con sé nei recessi più cupi della terra.
Cerere, cercata a lungo e inutilmente la figlia, cessa per il grande dolore ogni sua divina attività: abbandona i campi, rende sterile ogni seme, lascia che i raccolti marciscano. A sua volta Giove, preoccupato per lo stravolgimento dei cicli naturali, interviene grazie alla mediazione di Mercurio, trovando un accordo tra il dio Plutone e Cerere. Il patto concluso prevede che Proserpina trascorra sei mesi sulla terra con la madre, mentre nei mesi invernali risieda nell’Ade con il dio Plutone, suo sposo.
L’opera di Bernini coglie l’azione al culmine del suo svolgimento e offre all’osservatore il massimo del pathos: le emozioni dei personaggi sono infatti perfettamente rappresentate e leggibili attraverso la gestualità e l’espressività dei volti. Plutone è contraddistinto dai suoi attributi regali (la corona e lo scettro) mentre dietro di lui Cerbero, il feroce guardiano dell’Ade, controlla che nessuno ostacoli il percorso del padrone, girando le sue tre teste in tutte le direzioni.
Proserpina lotta inutilmente per sottrarsi alla furia erotica di Plutone spingendo la mano sinistra sul volto del dio, il quale, invece, la trattiene con forza, affondando letteralmente le sue dita nella coscia e nel fianco della donna. Con questo dettaglio, attraverso cui Bernini ha reso con notevole verosimiglianza la morbidezza della carne di Proserpina, lo scultore ha dimostrato il suo stupefacente virtuosismo.
Il potente dio dell’Oltretomba sta guardando la fanciulla avidamente, con una bramosia suggerita dalle linee d’ombra e dalle puntine bianche presenti nei suoi occhi, profondamente scavati dall’artista; la visione della fanciulla, tuttavia, gli è impedita siccome come già accennato ella sta premendo con la mano sopra il suo sopracciglio destro. Proserpina, invece, è colta nell’attimo in cui sta gridando un’invocazione disperata alla madre Cerere e alle campagne. I suoi occhi, tumidi di commoventi lacrime di marmo per la perdita dei fiori, rivelano un vero e proprio caleidoscopio di emozioni: vi si legge, infatti, la vergogna per la sua nudità profanata dalla ferrea presa del rapitore, ma anche il terrore per l’oscurità degli Inferi, e la paura per la brutale violenza di Plutone.
Dettaglio della carne di Proserpina che cede teneramente alla salda presa di Plutone
La composizione del gruppo segue delle direttrici dinamiche sottolineate dai movimenti degli arti e delle teste, accentuate dal moto dei capelli e del drappo che scopre il corpo giovanile e sensuale della dea. Il corpo di Plutone è invece possente e muscolare e la sua virilità è accentuata dalla folta barba e dai riccioli selvaggi dei capelli, le cui ciocche, nettamente definite e in forte rilievo, rivelano un abbondante uso del trapano.
Bernini si prefiggeva di realizzare opere il cui virtuosismo fosse tale da far sì che i personaggi mitici raffigurati quasi sembrassero figure reali. Tuttavia, ciò che conferisce una certa artificiosità alla scena è la natura del movimento.
La posa dei due è piuttosto innaturale e, idealmente, spiraliforme: un espediente, quello del moto a spirale, già utilizzato nel Manierismo per esprimere al meglio un senso di moto e di dinamica all’interno di un’opera che, ovviamente, è caratterizzata dalla staticità. Tuttavia, pur essendo innaturale, la posa, nell’insieme, è indubbiamente molto teatrale e di grande impatto emotivo e visivo.
Il gruppo, capolavoro di scultura barocca, ha un punto di vista privilegiato, ovvero quello frontale, che rende riconoscibili i personaggi e comprensibile la scena. L’opera, tuttavia, è leggibile da tutte le visuali, siccome ciascun punto di vista è in grado di continuare la narrazione della scultura: guardando Plutone da sinistra, infatti, si scopre che il dio sta iniziando appena a correre, mentre guardando Proserpina dalla diagonale del suo plinto si vede come i suoi occhi da quella posizione sembrino guardare esclusivamente lo spettatore. La scultura è anche perfettamente rifinita in tutte le sue parti e ricca di particolari che, ancora oggi, catturano l’attenzione dell’osservatore.