Ricordi di scuola estemporanei🎒
Ho tanti bellissimi ricordi che riaffiorano quasi all’improvviso, basta una frase detta da qualcuno, o una vecchia fotografia per aprire magicamente la mia scatola dei ricordi. Mi appare nitidamente un grande cortile… il cortile della mia scuola elementare. Ricordo che si arrivava a scuola in anticipo, perché doveva esserci il tempo per sistemarci, prima dell’ingresso in classe.
La mia maestra alle elementari era la mitica Suor Eugenia. Maestra in tutti i sensi, non solo a scuola ma in molte situazioni della vita, lei ha sviluppano le nostre capacità di organizzarci e diventare più autonomi, senza l’aiuto dei genitori… “Aiuto vietatissimo“. Era la maestra quando andavi in chiesa, era la maestra pronta a redarguirti ma allo stesso tempo pronta a darti consigli, a giocare con noi a pallone, del resto la classe era prettamente maschile più che femminile!
Ricordo che, ci ordinava in fila e noi pronti con il nostro compagno a fianco, in un silenzio quasi surreale. Ricordo la cattedra, il registro, la lavagna, l’appello e la preghiera… Un buon modo per cominciare la giornata, appena dopo il risveglio, è l’offerta del mattino: “Signore, offro a Te questo giorno.”
Non si giudicavano le maestre, non ti erano antipatiche o simpatiche, erano come le mamme, potevi litigarci, potevi andarci poco d’accordo ma non le mettevi mica in discussione. I quaderni quando finivano ti sentivi orgoglioso. Lo volevi far sapere a tutti che avevi finito il quaderno e ne potevi iniziare un altro, la prima pagina del nuovo quaderno era una festa. Ogni tanto saltavi le pagine per errore e allora le dovevi incollare, la colla si metteva sui quattro lati e a croce, non c’era altro modo.
I capelli lunghi si incastravano nelle viti dello schienale delle sedie, ne restavano ciocche intere lì attaccate. Quando sentivi tirare ogni volta ti giravi incavolata verso il compagno dietro, perché pensavi fosse lui a tirare. C’erano dondolatori espertissimi che alla dondolata avanti e indietro preferivano i 360° su una sola zampa della sedia. La maestra iniziava la campagna antidondolamento in prima per non smetterla fino alla quinta elementare.
Ci veniva anche detto di mettere la testa sul banco e di dormire, come i cavalli. Si facevano i cartelloni, i cartelloni partivano bene e finivano male, con le lettere tutte schiacciate perché ti mancava lo spazio. Era uno strazio per me guardarli lì appesi, tutti stortignaccoli, non vedevo l’ora che cambiasse argomento e si ricominciasse con un cartellone nuovo.
I banchi cambiavano spesso posizione, a ferro di cavallo, a isola, a file di due o tre banchi. Come se la collocazione nello spazio potesse migliorare la nostra resa, feng shui elementare. Se rivolgiamo Francesco a nord magari capisce meglio… doveva essere questa la speranza.
La frase che ripetevamo di più era Lo dico alla maestra. Qualcuno ti faceva arrabbiare e tu “lo dico alla maestra”. Qualsiasi cosa la dicevi alla maestra e tutti noi ignoravamo quanto alla maestra non fregasse una beata ceppa di quello che dovevamo dirle. E così è era e sarà, nei secoli dei secoli.