Noi che non ce la facciamo e poi ce la facciamo, ma che fatica farcela…
Ci si incontra per un bicchiere di vino, mentre i figli si vestono e le figlie indossano abiti da sirene e volteggiano in salotto in una panatura croccante di brillantini. Ogni tanto i loro echi arrivano in cucina, ci chiamano, “resisti” ci diciamo, tanto lo sai che non hanno davvero bisogno, vogliono solo essere visti e guardati mentre ridono di felicità ed esibizionismo.
Ridiamo anche noi, di noi stesse, appoggiando il palmo della mano sulle loro schiene per spingerli al largo, noi che ormai non siamo ragazze ma donne fatte e sfinite, noi che “perché in un mondo di dolcemente complicate ci tocca la parte delle semplicemente stronze?”. Che non ce la facciamo e poi ce la facciamo, ma che fatica farcela.
Il peggio è passato vero? E ci diciamo di sì, ma mica è sicuro. E il meglio? Anche il meglio è passato? Sappiamo che non saremo più madri di altre creature, è stato così veloce e così intenso questo solo decennio dai trenta ai quaranta, dove accade il “da grande”. In realtà da grande io avevo sempre vent’anni, mica guardavo più in là. Da grande avevo un lavoro, bambini e un amore. Da grande è arrivato e ora? Da piccola non ti spingi nel dopo, ti fermi al felice e contenti e nel felice e contenti si hanno sempre vent’anni. E invece arrivano i trenta, i quaranta e i cinquanta con un senso del tutto diverso, dove accetto questa alternanza di umori e incertezze.
Ci mettiamo lo smalto, di là si truccano e si vestono, li guardiamo: “come crescono, accidenti!”.
E’ bello stare tra amici, noi non ci sgridiamo, sospendiamo il giudizio, che siamo bravi da soli a sputarci sentenze. Poi è l’ora di andare. Sulla porta guardiamo il casino lasciato… la prossima volta facciamo da me: per vino, stanchezza, casino tra amici si fa alla romana. Il bello è che mi è presa un’allegra euforia, sono entrata pesante e ne esco leggera e penso chi l’avrebbe mai detto che da grande avrei dato la vita e l’avrei vista saltare accanto a un’amica.